Da bambino rimanevo incantato di fronte alla capacità manuale degli adulti che, nel gioco, mi insegnavano a tenere in mano un martello, un cacciavite, un utensile.
Quando mio zio mi mostrava come si fa un innesto di una pianta, mi sembrava di assistere un po’ al “dietro le quinte” della creazione. Un mandorlo che si trasformava in pesco, un tralcio di vite americana su cui innestare una vite europea e così dare uva e vino a tempo debito… Azioni profondamente terrene, gesti che sporcano letteralmente le mani e le riempiono di calli ma che penetrano fino ai confini del codice di come funziona la natura in cui siamo immersi.
Quindi, quando qualche anno fa abbiamo comprato insieme a Sara un albero di pesco da mettere sul terrazzo, per me è stato un atto spontaneo per rimanere collegato tanto con quel bambino che guardava mani esperte compiere meraviglie, quanto per comprenderne il senso.
Nel prendersene cura, il pesco si svela come un grande maestro di vita. E ha molto da insegnare perché la sua umile esistenza di albero ha molto in comune con l’esperienza di tutti.
L’innesto. C’è in ognuno di noi traccia di esperienze, incontri, scelte, azioni decise o subite. Siamo il risultato in divenire di una combinazione di eventi che si sono letteralmente fusi con la nostra natura più interna. Là dove l’innesto ha attecchito, l’essere si è modificato. E’ utile ripensare a quegli snodi, a quegli incontri che la nostra memoria ci presenta e chiederci come eravamo e come siamo diventati grazie a quegli eventi. Il mandorlo trasformato in pesco conserva il segno, la cicatrice di questa trasformazione. Prima lezione: il cambiamento lascia il segno. Sempre.
I frutti. Quello che prima era impossibile, con l’innesto, diventa possibile. Un mandorlo produce mandorle. Con l’innesto, un mandorlo produce pesche. Seconda lezione: l’impossibile diventa possibile, se si affronta il cambiamento.
Il diradamento. La fioritura del pesco è uno dei simboli più belli della primavera. I tanti fiori rispondono all’esigenza della pianta di aumentare le probabilità di fare frutti. Ma il coltivatore attento sa che per aumentare la qualità e la dimensione dei frutti, occorre diradare i “frutticini”. Laddove si formano tanti, troppi, frutti in formazione dopo l’impollinazione, devono essere diradati. Diversamente l’energia della pianta non basta a portare a termine frutti soddisfacenti e, peggio, la vitalità della pianta ne risente, programmando una fioritura più scarsa nella stagione successiva. Terza lezione: il cambiamento esige discernimento e scelta della direzione che porta il maggiore frutto. Sfrondare non è disinvestire.
Frutti senza sapore. A che cosa serve addentare una pesca succosa se poi è insipida e non è dolce? Quando la pianta è vecchia e si ha poca cura del terreno su cui radica, è abbastanza comune avere una produzione di frutti insapori. Quarta lezione: la pianta ha bisogno di un terreno nutriente e ben custodito per produrre frutti buoni. Non sempre quello che noi etichettiamo come concime maleodorante è solo uno scarto senza utilità.
Parassiti, malattie e intemperie. Una pianta può essere stata innestata con cura e perizia. Può produrre frutti in abbondanza e dolci. Può crescere su un terreno curato. Ma questo non la preserva dall’attacco di malattie e parassiti. Quando una pesca arriva sulla nostra tavola spesso ignoriamo che la pianta da cui proviene ha ricevuto almeno cinque trattamenti nell’anno e un trattamento ogni due settimane dalla ripresa vegetativa fino alla produzione. Noi abbiamo provato a “lasciar fare la natura”, col risultato che a volte non si raccoglie nemmeno una pesca matura.
E quand’anche tutto sia fatto con tutti i crismi, magari qualche giorno prima della raccolta arriva una grandinata e tutta la fatica non vede finalizzazione. Quinta lezione: il cambiamento esige pazienza, esige l’accettazione del fallimento, esige cura nel rimuovere tutto ciò che ad esso è estraneo e che parassita le nostre esistenze.
La pratica di una disciplina, la professione di una fede, l’adesione ad un sistema di valori, la scelta di una relazione, l’attività lavorativa: quanti innesti, quanti segni di potenziale cambiamento nelle nostre vite.
La lezione del pesco ci può aiutare a vivere meglio, con più pienezza, la dimensione del cambiamento.